UN CAPITOLO IN PIÙ. COSA SUCCEDE A MILTON? Una scrittura creativa a partire dalle lettura de Una questione privata di Beppe Fenoglio

-Ma per te che succede a Milton?

-Muore!

-No, non è possibile, non è giusto!

-Ma è chiaro, no? Dopotutto è una guerra!

-Sì, lo so ma proprio non lo sopporto!

Queste che avete appena letto, non sono le esatte parole ma sintetizzano molto bene le reazioni che, noi, ragazze della 5B, abbiamo avuto dopo la lettura di Una questione privata. 

Quando la profe ci ha chiesto che cosa pensavamo di questo romanzo, c’è stata un’esplosione, voci che si sovrapponevano, dissensi definitivi, espressioni scorate di fronte alle conclusioni ciniche di alcuni, intestardimenti speranzosi di altri.

Certo qualcuno ci risponderà che il finale aperto lasciato da Fenoglio è la forza del romanzo e che se ci atteniamo alla storia con la “S” maiuscola, la fine più plausibile è la morte di Milton. 

Ma la letteratura è anche sogno, proiezione dentro le storie dei lettori e i finali aperti lasciano grande spazio al “sogno” dei lettori. Così più che accapigliarci tra di noi, abbiamo pensato di raccontarci cosa abbiamo “sognato” quando abbiamo chiuso l’ultima pagina scritta da Fenoglio… Abbiamo provato a scriverlo, come se ognuna di noi avesse aggiunto il suo capitolo, avesse scritto la sua pagina “bianca”…certo nulla a che vedere con l’intensità delle pagine di Fenoglio, però è stata una sorpresa scoprire che tutte noi, più che l’amore, abbiamo posto al centro l’amicizia e qualcuna, che è proprio una gran sognatrice, ha fatto trionfare tutt’e due!

Un capitolo in più di Nicole Teodori

Quando Milton riaprì gli occhi, la luce stava già inondando il bosco.

Passarono diversi minuti, poi Milton si alzò ancora stordito. Rimase lì in piedi ascoltando. Poi ricominciò a camminare. Quello che era accaduto era lontano, lo muoveva solo il desiderio sempre più forte di scoprire la verità. 

Ritornò, ossessivo, il pensiero di Giorgio, poi un fruscio lo destò dai suoi pensieri. Un gruppo di fascisti camminava sul sentiero, li vedeva dalla boscaglia. 

Decise di seguirli da lontano senza farsi vedere. 

Dal percorso e dalle parole che gli arrivavano, ovattate dalla nebbia, capì che rientravano alla base dove tenevano i prigionieri. 

Dopo qualche ora di camminata, uno dei fascisti era rimasto indietro. Milton agì di istinto, era l’occasione perfetta.

Si avvicinò con passi leggeri al nemico e lo colpì forte alla testa. Stramazzò ma nessuno dei fascisti si girò indietro. Milton rotolò il corpo in un rittano e lo seguì. 

Dopo essersi liberato dei suoi vestiti da partigiano, li nascose sotto un mucchio di foglie, indossò la divisa del fascista ormai morto e silenziosamente raggiunse il gruppo.

Durante il tragitto Milton stette in fondo, era folle, ma quel fascista stramazzato era sempre rimasto indietro, senza parlare con nessuno, forse se avesse continuato a fare così, nessuno si sarebbe accorto di lui.  

Nel tardo pomeriggio, arrivarono alla loro base. Nel cortile il gruppo si sciolse. Milton, ancora defilato, si sedette alle spalle del colonnato che limitava il cortile. Tremava e i suoi pensieri correvano ai suoi compagni, semmai ne fosse uscito vivo, nessuno avrebbe mai creduto a quanto stava accadendo. 

Poi sentì delle voci, passi pesanti, stridore di armi. Nel cortile radunavano i pochi prigionieri, Milton vide Giorgio. Nascosto dalla colonna, ancora accovacciato vedeva dal basso le spalle del tenente, rimasto solo e intento a sorvegliare i prigionieri.  

Silenziosamente Milton si tirò in piedi, puntò il fucile alla testa del tenente e uscì dall’ombra del colonnato. -Falli uscire adesso o tu muori- disse Milton mentre la canna del fucile toccava la nuca del tenente. 

Un attimo dopo Giorgio correva verso il bosco, seguito da Milton pochi passi più indietro. Non si fermarono e non dissero una parola, solo a sera, con il buio che iniziava a ricoprire loro e gli alberi, nascosti in un rittano, Milton si lanciò su Giorgio, per sapere, finalmente sapere. 

Nessuna delle parole dell’anziana donna era vera. Milton si sentiva esplodere, come aveva potuto abbandonarsi alle chiacchiere di una vecchia. 

Riposò ma non dormì. Poche ore dopo, alle prime luci, erano di nuovo in cammino per raggiungere i partigiani e si ritrovarono quasi senza aspettarselo davanti alla casa di Fulvia. 

Fu più forte di loro, rientrarono nella casa, di nuovo i ciliegi attraversati dalla luce di un’alba finalmente luminosa. 

Sul patio, scarmigliata, apparve la donna. Fu Giorgio a chiedere spiegazioni, Milton rimase indietro ad ascoltare quella confessione balbettata ed esitante. Null’altro che l’invidia! Null’altro che la gelosia del tempo spensierato dell’amore! Tutto falso, era solo una vecchia a cui piaceva mettere zizzania, a cui non piaceva che dei ragazzi di provincia corteggiassero la sua signorina di città. 

Improvvisamente tutto prese per Milton contorni più sfumati, Fulvia andava dissolvendosi mentre il suo amico era presente, carne, ossa e strade da percorrere. 

Di lì a poco la guerra finí, Milton e Giorgio presero l’occasione per cambiare paese, conoscere nuove donne, costruire una famiglia e, per quanto fosse possibile, dimenticare il passato. (Non rividero mai più Fulvia). 

Un capitolo in più  di Martina Spanò Greco

Milton era  inciampato, aveva battuto la testa e perso i sensi. Quando si risvegliò, era  su un camion prigioniero dei fascisti ma, cosciente di quanto stava accadendo, l’unico suo pensiero era ancora sapere, sapere di Fulvia e Giorgio. Quando arrivarono nel cortile del quartier generale fascista, Milton si guardò attorno, cercando una via di fuga per tornare libero e continuare a cercare la sua verità. Ma portato in una stanza che fungeva da cella per i prigionieri, ritrovò Giorgio. Se pur nella malasorte, gli sembrò che tutte le sue preghiere fossero state ascoltate. Ma quella sensazione di sollievo durò un attimo, il sangue gli ribollì nelle vene e si parò davanti a Giorgio, rincantucciato in un angolo della stanza buia. Giorgio alzò gli occhi, per un attimo trasalì, anche Milton prigioniero, poi fu contento di ritrovare il suo amico e scattò in piedi per abbracciarlo. Milton avrebbe voluto chiedergli subito di Fulvia, del loro amore, ma in quel momento sentì che in fondo non era così importante sapere quello che era successo, aveva ritrovato Giorgio. 

Si raccontarono della cattura, Giorgio ingannato dalla nebbia, Milton ingannato dalla sua “questione privata”. E a questo punto Milton chiese la verità al suo amico, si sentiva bruciare dentro, una voce gli ripeteva -è tutto vero, è tutto vero, che farai?- . Giorgio se ne stette zitto per un po’, poi alzò lo sguardo e cominciò a parlare.  Dopo poco per  Milton le parole di Giorgio non avevano più senso, erano un suono, un sottofondo ai suoi pensieri. Giorgio aveva vinto, aveva avuto Fulvia, ma lui aveva mai combattuto? E Fulvia chi era? Improvvisamente si sentì l’unico solo responsabile della sua infelicità. Giorgio aveva finito di parlare e lo guardava in attesa. Milton ad occhi bassi si allontanò voltandogli le spalle. Se ne stettero così per un po’, ognuno nel proprio cantuccio. 

Poi Milton si alzò, si passò una mano nei capelli, sorrise e disse: -allora amico mio  come usciamo da qui?-

Un capitolo in più di Jessica Rovelli

Dopo essere crollato a terra, perse i sensi per un tempo indeterminato, fino a quando alle prime luci del mattino si risvegliò. Ciò che lo fece rinsavire furono i rumori provenienti dal bosco, scuro e spaventoso. Era distrutto e martoriato, con ferite sanguinanti ovunque delle quali non ricordava nemmeno come se le fosse procurate; con molta difficoltà cercò di rimettersi in piedi, ma senza ottenere nessun risultato. Si trascinò fino a raggiungere un albero, alto e possente, che gli permise di rimettersi sulle sue gambe e riuscì a recuperare la lucidità necessaria per rendersi conto che era ancora vivo. 

Durante la sua corsa forsennata, la sua mente aveva ripercorso tutta la sua breve vita, e mai si sarebbe immaginato di essere ancora vivo e di poter riprendere il suo lungo cammino.

Con la mente ancora confusa cercò di ricordare perché si trovasse in quel bosco cupo e terrificante e fu proprio in quel momento che capì di aver perso conoscenza e si incamminò con passo tranquillo verso il centro della natura selvaggia. Dopo un tempo che gli sembrò interminabile, un pensiero gli balenò nella mente. L’espressione del suo viso cambiò improvvisamente, rabbia mista a dolore invasero il suo animo e le sopracciglia cominciarono ad aggrottarsi creando rughe e solchi profondi sul suo giovane volto. Il suo naso cominciò a dilatarsi e la bocca cambiò totalmente il verso del sorriso, il suo respiro si fece più pesante e rumoroso e gli uscì istintivamente un grugnito mentre pronunciava il nome di Giorgio. La sua andatura si fece veloce e decisa pronto per affrontare il presunto tradimento dell’amata e la slealtà del suo migliore amico.

Con falcate lunghe e veloci si ritrovò accodato ad un gruppo di fascisti; si accorse quindi, che uno di loro era rimasto indietro a guardare la meravigliosa natura che lo circondava, e in quel momento pensò velocemente a cosa fare. Pensò di utilizzare la stessa strategia che aveva escogitato in passato, ovvero, di catturare un fascista e di effettuare uno scambio per riprendersi Giorgio.

Con passi lenti e felpati si avvicinò alla sua vittima, respirando piano piano, colse il fascista da dietro e gli mise una mano alla bocca per impedirgli di urlare. Lo trascinò nella fitta boscaglia, gli legò mano e piedi e lo imbavagliò per evitare che il suo piano fallisse nuovamente.

Gli spiegò in maniera dettagliata il suo piano e il fascista un po’ confuso annuì contento di non ritrovarsi morto. Si avviarono verso la caserma dove presumibilmente si trovava Giorgio.

Il fascista, un ragazzo come Milton, stupito di essere risparmiato trovò il coraggio di chiedere perché e Milton raccontò la sua storia. Era la prima volta che ne parlava con qualcuno, si domandò perché lo facesse proprio con un fascista! Si ritrovarono quindi davanti alla caserma e si avviarono verso l’ingresso.

Ma c’era già stato uno scambio! Giorgio era stato liberato! 

Il fascista fu scambiato con un altro partigiano, Volpe, che Milton lasciò subito, appena raggiunta la collina sopra la città. 

Si incamminò verso la casa di Fulvia, sicuro che lì si fosse diretto Giorgio. Nel lungo cammino pensieri di vendetta e d’amore si mischiavano gli uni con gli altri, ma una volta giunto davanti al cancello la sua mente si svuotò completamente da ogni pensiero. Attraversò il giardino, i ciliegi erano lì stecchiti dal freddo, bussò alla porta  in maniera decisa e quando si aprì vide la sua amata che stringeva tra le braccia un dolce pargolo. Milton restò a bocca aperta, per secondi interminabili fissò Fulvia negli occhi senza proferire parola, si sentiva inerme e svuotato. Solo quando Milton incrociò lo sguardo del piccolo riuscì a sorridere e allungando la mano sfiorò le guance paffutelle e rosee del bambino. Poi alzò gli occhi per cercare una spiegazione in quelli di Fulvia, ma vide alle spalle di lei Giorgio e sopraffatto dalla rabbia, scansò in malo modo la donna e si scagliò contro l’amico. Milton sferrò un pugno che tagliò l’aria lasciando a Giorgio il tempo di immobilizzare l’assalitore. Milton cercò di divincolarsi poi si lasciò andare, sfinito, spalle al muro. Incerta sui suoi passi, Fulvia si avvicinò e guardando Milton negli occhi, quegli occhi che trovava così belli, riuscì solo a pronunciare il nome dell’amato. Fu Giorgio a parlare, spiegava i motivi della sua costante presenza nella vita di Fulvia. Giorgio gli disse che, dopo averlo visto partire per la guerra, un comunicato lo aveva dato per disperso e, nello stesso giorno, Fulvia aveva scoperto di aspettare un bambino. Quel bambino era proprio il bambino di Milton.

Entrambi con le lacrime agli occhi si unirono in un lungo abbraccio mentre Fulvia li guardava tra le lacrime e un sorriso. Ancora confusa capì solo che tutto era stato chiarito, che l’amicizia tra Milton e Giorgio era stata ritrovata e che lei finalmente poteva vivere accanto all’amato crescendo insieme il loro bambino.

Jessica Rovelli, Martina Spanò Greco, Nicole Teodori 5B a.s. 2022/2023 

2 risposte a "UN CAPITOLO IN PIÙ. COSA SUCCEDE A MILTON? Una scrittura creativa a partire dalle lettura de Una questione privata di Beppe Fenoglio"

Add yours

Lascia un commento

Crea un sito web o un blog su WordPress.com

Su ↑