#ex studenti. Ovidiu Alexa: la mia esperienza da studente al Rigoni, da universitario a Londra e… un suggerimento! -Parte 2-

Con questo articolo continuano una nuova rubrica dove raccoglieremo testimonianze di ex studenti del Rigoni Stern.
Il primo che vi presentiamo è Ovidiu Alexa, ex studente del professionale. Questa è la seconda parte di un articolo pubblicato settimana scorsa.

Con la fine della scuola superiore era finita anche la mia vita in Italia. I miei genitori, ad agosto, sono tornati definitivamente in Romania. Io, dopo un breve passaggio in Romania con loro, mi sono trasferito nel Regno Unito a settembre, due settimane prima dell’inizio del mio corso. Mi ricordo le prime settimane come se fossero un video. Nessuna particolare difficoltà, tranne che per la lingua. Secondo l’esame che avevo fatto per l’iscrizione universitaria, ero di livello C1 del CEFR, un buon livello, ma quando ho cominciato a interagire con diverse persone ho compreso che per imparare veramente una lingua  il metodo migliore è vivere in un paese dove quella lingua si parla. Mi sono serviti sei mesi per arrivare a capire il 99% di quello che ascoltavo, la prima settimana ero forse al 50%. A parte la lingua, che ho assimilato con il tempo, tutto il resto è stato lineare.

L’università è fondamentalmente diversa dalla scuola superiore. La differenza principale è l’autonomia nell’imparare. Se nella scuola superiore sono gli insegnanti a spiegare ciascun argomento passo per passo e a suggerire un metodo di studio, all’università i professori spiegano solo i concetti principali, poi gli studenti, nel loro tempo-studio, in autonomia costruiscono tutto il resto da soli, anche la capacità di connettere più discipline tra loro. È scontato quindi che memorizzare non basta, bisogna far propri quei contenuti per poi poter avanzare e crescere.


Nel mio caso, come studente di scienze ambientali, mi confronto con diverse discipline che “navigano” tra più scienze. Le tre fondamentali sono matematica (in particolare statistica), fisica e chimica, poi ci sono biologia ed ecologia. Queste discipline concorrono allo studio del cambiamento climatico e  dello sviluppo sostenibile. Il collante tra tutte queste discipline, per l’indirizzo che ho scelto, sono alcuni linguaggi di programmazione e due programmi tecnici che uso regolarmente, sia per lo studio che per i lavori part-time.


Oltre al corso in sè, l’università offre diverse opzioni per fare esperienza nel proprio settore. Io, ad esempio, ho svolto diversi lavori part-time e tra questi, in più interessante è stato quello di assistente ricercatore per sei mesi durante il mio secondo anno universitario. Ho potuto lavorare fianco a fianco con una professoressa dell’università a tre progetti. Ciò che mi ha arricchito di più, oltre al lavoro di ricerca in sé, è stato interagire con la docente e conoscere le sue esperienze. Avendo lavorato per le Nazioni Unite, mi ha raccontato di come persone di diversi settori combinino le loro conoscenze per contribuire agli obiettivi dell’ONU e di tutte le organizzazioni collegate. Mi ha confessato anche che il suo periodo nell’ONU è stato il momento più stressante di sempre. Mi ha  sorpreso sapere che alcuni presidenti delle commissioni ONU, dopo aver terminato una sessione, si recano in psicoterapia a causa della tensione subita durante il loro servizio. Questo mi ha fatto riflettere sul fatto che più una persona ha una posizione professionale di rilevanza, più lo stress cresce, aspetto di cui forse molti non hanno coscienza, pensando solo all’aspetto economico del lavoro.


Oltre alla bella esperienza umana, il lavoro di ricerca mi ha dato la possibilità di essere citato come co-ricercatore, fattore estremamente positivo per uno studente. Essere stati co-ricercatori, ad esempio, potrebbe fare la differenza in un futuro colloquio di lavoro, oppure per un dottorato di ricerca.

Quest’esperienza mi ha permesso anche di diventare consulente di statistica, disciplina centrale per svolgere analisi nel mio settore. Il mio ruolo è quello di aiutare altri studenti nelle loro analisi, anche con l’ausilio di alcuni linguaggi di programmazione. Come studente, avere questo lavoro part-time è la ciliegia sulla torta, non solo per l’esperienza, ma anche per il ritorno economico. 


Fino ad ora mi sono concentrato sull’aspetto più formale del mondo universitario, ma è anche importante notare le opportunità in ambito sociale e culturale. L’università è un ambiente di alto livello intellettuale. Ovviamente, come in tutti i settori, ci sono persone con un grandissimo acume conoscitivo ma con bassa morale, e viceversa. Nella maggior parte dei casi, però, i membri di una qualsiasi università, studenti, professori, ricercatori eccetera, sono persone dalle quali si può imparare tanto, non solo rispetto alla conoscenza ma anche rispetto al modo di essere e di comportarsi e relazionarsi. Ciò accade anche nella scuola superiore, anche se in questo ambiente, secondo me, questo potenziale viene inibito dal fatto che molti studenti vanno a scuola solo per i voti e a volte qualche professore solo per lo “stipendio”. Non che ciò non accada nell’università ma si trovano tantissime persone fortemente motivate. Inoltre vivere l’università permette di avere tantissimi contatti con il mondo del lavoro e nel mio caso con l’industria. Molti esperti industriali cercano di interagire e collaborare con studenti e docenti universitari per innovare o per cercare futuri potenziali lavoratori o collaboratori.


Dopo il terzo e ultimo anno del corso universitario, molto probabilmente comincerò a lavorare qualche anno nel mio settore. In futuro vorrei approfondire con qualche master, sempre nel mio campo, e se la mia situazione lo permetterà anche concorrere per un dottorato di ricerca. Non mi dispiacerebbe, infatti, lavorare per la ricerca. Prima di questo, però, penso che qualche anno di esperienza nel mondo reale, ad esempio nell’industria, siano necessari.


Il motivo principale per il quale ho scritto questo articolo, poco più di due anni dal termine della scuola superiore, non è solamente quello di condividere la mia storia, ma di stimolare gli studenti attualmente presenti al Rigoni a capire di più del loro potenziale e delle opportunità dell’ambiente scolastico. Durante i miei cinque anni al Rigoni Stern, e anche in seguito, ho interagito e sentito storie di studenti che non hanno motivazione per studiare, hanno un basso rendimento e magari anche problemi all’esterno dell’ambiente educativo. Durante i miei due anni all’università, ho visto studenti abbandonare progressivamente il loro percorso e rinunciare agli studi. Non so che fine abbiano fatto. Magari hanno trovato un lavoro per il quale non è necessaria alcuna preparazione di tipo accademico, ma è anche possibile che tutt’ora non abbiano uno scopo e che stiano vagando senza un obiettivo.


Ci sono tante persone di successo nel mondo. Scienziati, politici, uomini d’arte, ma anche individui meno famosi come imprenditori, insegnanti, lavoratori che contribuiscono al benessere di tutti con il loro piccolo o grande contributo, tutti soggetti con una storia esemplare alle loro spalle. Leggendo e/o osservando le storie di queste persone, ho capito che per avere successo nella vita, qualunque sia la definizione del termine successo, bisogna avere una visione, ossia un obiettivo da raggiungere. Trovare una visione non è un processo diretto, ma forse il metodo più semplice è porsi la seguente domanda: “Chi e dove vorrei essere fra 10, 20 o 50 anni?”. Se la risposta è, ad esempio, essere il direttore di un business nella mia città di nascita, bisogna concentrarsi sulle azioni da compiere per arrivare ad essere quel direttore che ci si è immaginati. In questo caso forse l’università non è neanche necessaria, in quanto il business è uno di quei settori dove l’esperienza nel mondo reale, non accademico, conta forse più di tutto il resto. Uno potrebbe pensare che sia impossibile diventare il direttore di un business. In questo caso sarebbe opportuno chiedersi, però, come è possibile che altre persone lo siano. Sono state fortunate? Sono arrivate lì per caso? Sono già nate nelle condizioni perfette per arrivare in quella posizione? No. La realtà è che hanno avuto una visione per la quale si sono impegnate fino in fondo. Il fallimento, che molte persone temono, è parte integrante del percorso verso il successo. Niels Bohr, fisico danese, ha detto che si diventa esperti dopo aver commesso ogni possibile errore nel proprio settore di interesse. Penso che non ci sia niente di più vero. Molte delle più grandi invenzioni che hanno enormemente aiutato l’umanità sono il risultato di decine, se non centinaia, di fallimenti, gli stessi fallimenti che hanno motivato chi li ha commessi a non abbandonare la propria visione. Il mondo ha bisogno di queste persone. Non avere mai paura di fare qualcosa. La paura è una reazione psicologica che prende spazio nella nostra mente quando ci dobbiamo preparare per qualcosa che ha il potenziale di cambiarci. Se io avessi avuto paura di trasferirmi in un nuovo paese per la seconda volta nella mia vita non sarei partito e forse non avrei accumulato l’esperienza che ho adesso. La scuola per prima ha il compito di stimolare la mente degli studenti in questo senso, non distribuire conoscenze in modo sistematico e basta.


È anche vero, però, che il periodo della vita corrispondente alla scuola superiore non è forse il momento più facile per trovare la propria visione di vita. Ad alcuni viene spontaneo, altri invece cominciano a formulare una idea di base, altri ancora non ci pensano. Ciò di cui bisogna essere coscienti, però, è che se si vuole essere felici nella vita bisogna impegnarsi verso un obiettivo di valore, qualunque esso sia. Questo, di per sè, fa la differenza.


Grazie a tutti i lettori e alla Redazione per aver pubblicato il mio articolo. Uno speciale ringraziamento anche a tutte le persone che ho conosciuto durante i miei cinque anni al Mario Rigoni Stern, a partire dai docenti e dal dirigente. Sono all’università anche per merito loro.



Ovidiu Alexa – ex studente

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