LE IRIS DI TREBECCO

Il 15 dicembre nella nostra scuola sono state piantate le iris di Trebecco, per ricordare tutte le donne vittime di violenza. Queste iris sono una varietà molto particolare, nate dall’esperienza tragica del papà di Paola Mostosi, e portata avanti dalla sorella Cristina che ha dato vita all’associazione LE IRIS DI TREBECCO.
Le iris di Cristina raccontano una storia di brutalità e di bellezza. Piante guerriere, dice lei, tanto forti da sopportare un dolore così grande e lottare, tenaci più della terra, perché nessuno lo dimentichi. E insieme sono delicate ed eleganti, capaci di trasformare quella sofferenza e farne arte con la grazia dei colori.

Paola Mostosi, 25 anni, commercialista, il 26 marzo del 2002 va al lavoro con la Y10 nuova, regalo del padre.
Sull’autostrada Milano-Bergamo, poco prima del casello di Dalmine, incrocia un camion che perde sassolini. Qualcuno finisce sulla sua macchina, danneggiandola. Paola sorpassa, fa cenno al camionista di fermarsi in una piazzola di sosta. Qui discutono e litigano. Lui la spinge con forza nel camion, la ammanetta e per non farla urlare le chiude la bocca con degli stracci. Fa le consegne, come nulla fosse, la sera torna a casa e cena con la moglie, mentre Paola è prigioniera nel camion. Il giorno dopo la strangola e getta il corpo della ragazza in un torrente in secca, nei pressi di Marne di Filago. Due giorni dopo un contadino trova il cadavere. Il camionista confessa. Ad incastrarlo c’è il cellulare della ragazza che ha tenuto in casa. L’anno dopo viene condannato all’ergastolo, confermato negli altri gradi di giudizio.

Nello stesso giorno abbiamo avuto l’occasione di incontrare Cristina Mostosi che ci ha raccontato la sua storia di sofferenza e rinascita e abbiamo potuto rivolgerle alcune domande per comprendere meglio le idee che ci sono dietro la realizzazione di un progetto così particolare e importante.


I: Perché, dopo tutti questi anni dalla morte di sua sorella, ha deciso di creare questa associazione e se, eventualmente, c’è stato qualche elemento che l’ha ispirata?

C: Dal giorno in cui è morta mia sorella, precisamente nel marzo del 2002, ho subito pensato di dare un significato, un senso, una risposta al terribile evento che era capitato, per riuscire a superarlo ed elaborarlo senza essere oppressa da rabbia e dolore.
Parlando con amici e parenti ho espresso quali fossero le mie volontà, ma ben presto ho capito che ci vuole del tempo per realizzare i progetti e che è necessario un contesto adeguato, oltre che molta dedizione. Mia mamma era in pessime condizioni, colpita da un dolore insopportabile e i miei bambini al tempo avevano 8 e 6 anni. Queste erano persone che necessitavano delle mie attenzioni e cure, alle quali dovevo dedicare il mio tempo. Perciò ho pazientato, rimandando ciò che mi ero promessa, rimanendo ferma sui miei ideali e sugli obiettivi a cui mi ispiravo, determinata a realizzarli per il mio benessere psicologico e per la memoria di mia sorella.
Nel frattempo gli anni passarono e il tempo che credevo di non trovare mai é arrivato.
Dunque, spinta dagli stessi ideali di una volta, ho scelto di cogliere due grandi opportunità che mi si sono poste. Durante la pandemia, ho creato “L’iris e l’arte”, un progetto che permetteva agli artisti di realizzare opere prendendo spunto e ispirazione da foto di iris da me postate. Le creazioni che sono state prodotte sono meravigliose.
La seconda parte del progetto fu poi la creazione di una grande biblioteca di libri antichi di botanica, aperta al pubblico e chiamata “Biblioteca della natura, Paola Mostosi”. I libri di botanica li ereditai da mio padre, perciò questo fu un tributo anche a lui, sicuramente lo avrebbe reso orgoglioso.
Questi due progetti sono stati uniti poi in quella che ora è l’associazione in cui l’arte è usata come potere salvifico, donando sempre un messaggio di speranza.

I: Che relazione c’è tra ciò che è accaduto a sua sorella e la scelta di rendere centrali le iris nella sua associazione?

C: Dopo la morte di mio padre ho sentito il bisogno di prendere ciò che aveva costruito e che per lui era una reale fonte di salvezza e cura dal dolore, un giardino monocoltura di iris, e renderlo in qualche modo anche il mio metodo di salvezza dalla sofferenza, ricordando sia mio padre che mia sorella.
Ho subito associato un fiore così forte, rustico, generoso e femminile utilizzandolo come simbolo centrale.

I: Che cosa ha pensato quando ha realizzato che sua sorella era scomparsa e come ha reagito quando ha scoperto la verità dei fatti?

C: In quel momento tutti noi siamo morti insieme a lei, la vita ci è cambiata completamente e insieme tutti gli ideali e i valori. Siamo diventati come un liquido che da un momento all’altro può essere shakerato, mescolato e distrutto.
In questi casi si hanno solo due possibilità: o cadere nell’oblio del dolore, o scegliere la vita, che è ciò che ho cercato di fare io.
Tutti i progetti, infatti, sono stati fatti con amore, lo stesso amore che ci lega a Paola.
Sono riuscita a capire che purtroppo o per fortuna sia i begli avvenimenti che quelli negativi accadono di continuo e all’improvviso. A noi resta soltanto l’accettazione, senza andare alla ricerca di una spiegazione, vivendo quella che è definita “vita”.

I: Prova risentimento nei confronti dell’assassino?

C:No, per il semplice fatto che non l’ho mai considerato come una persona, senza andare mai a nessun processo. Credo che questa reazione si sia innescata come una sorta di difesa personale.

I: Crede che episodi come questi siano dettati da fattori culturali e da una mancata educazione di genere?

C: La cultura radicata e gli stereotipi rimangono intrinsechi in noi.
La figura femminile viene sminuita tanto da creare una convinzione nell’uomo di esserne possessore, di avere il totale controllo su di lei.


Il racconto di Cristina è stato per tutti noi 3C, 4Ap, 4Bp e Gruppo X un motivo di riflessione. Ci ha permesso di ragionare su quanto sia fondamentale trovare un modo per affrontare il dolore e i momenti bui, trasformando la sofferenza in opportunità di crescita e non permettendo all’oscurità di catturarci ed inglobarci.

Alice Zanchi

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